L’industria dell’anime giapponese cresce, ma il 60% degli studi vede calare i profitti

Il mercato dell’animazione giapponese continua a frantumare record, ma dietro le cifre da primato si nasconde un quadro più fragile di quanto possa sembrare. Secondo i dati diffusi da Teikoku Databank, il valore complessivo della produzione domestica di anime ha raggiunto nel 2024 circa 2,45 miliardi di dollari, con un incremento del 4% rispetto all’anno precedente e il livello più alto mai registrato. Nonostante ciò, sei studi su dieci impegnati in prima linea nella realizzazione delle opere hanno registrato un calo di redditività, con un numero crescente di aziende finite in perdita operativa.

Un boom che non genera profitti

A prima vista, la salute del settore appare solida: il fatturato medio per studio nel 2023 si attestava attorno agli 8,35 milioni di dollari, in aumento per il quarto anno consecutivo e il dato più alto dal 2000. Anche le imprese che operano come contraenti principali o generali, ovvero quelle che coordinano e gestiscono direttamente la produzione delle serie animate, hanno visto salire i ricavi. Tuttavia, questo incremento non si è tradotto in utili. Solo il 40% delle aziende ha registrato profitti, mentre il restante 60% ha visto peggiorare i propri bilanci: il 25,5% ha riportato un calo degli utili e ben il 34,5% è scivolato in deficit operativo. Una contraddizione che fotografa con chiarezza la situazione attuale: da un lato una domanda crescente, dall’altro margini che si assottigliano sempre più, mettendo in difficoltà proprio chi si occupa di dare forma concreta ai progetti.

La crisi degli animatori

Il principale ostacolo individuato da Teikoku Databank è la cronica carenza di personale specializzato. Con l’espansione globale dell’anime e il moltiplicarsi delle produzioni, la disponibilità di animatori non riesce a tenere il passo. Le conseguenze sono pesanti: i calendari di lavorazione si allungano oltre le previsioni iniziali, i costi crescono e i margini di profitto si riducono fino a scomparire. Quella che gli analisti definiscono una condizione di “profitless boom” rischia di caratterizzare anche i prossimi anni. Le prospettive per il 2025 e oltre restano di crescita in termini assoluti, ma l’assenza di nuove risorse umane e il continuo aumento delle spese operative potrebbero prolungare una fase paradossale, in cui l’industria macina record senza generare reale benessere economico per chi produce. In questo scenario, la sostenibilità del settore appare legata alla capacità di attrarre e formare nuove generazioni di professionisti, nonché a una più equa distribuzione dei ricavi lungo la catena produttiva. Senza un riequilibrio, il rischio è che il successo internazionale dell’anime poggi su fondamenta sempre più precarie, con studi costretti a operare in condizioni difficili pur in un contesto di domanda mai così alta. Fonti consultate: Automaton West. https://www.gonagaiworld.com/lindustria-dellanime-giapponese-cresce-ma-il-60-degli-studi-vede-calare-i-profitti/?feed_id=35793&_unique_id=68a636c14eba9

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